La spada del destino e le ragioni di un successo

La spada del destino, Andrzej Sapkowski
Editrice Nord, collana: Narrativa Nord, 2011; titolo originale: Miecz przeznaczenia; traduzione: Raffaella Belletti, ISBN: 978-8842916642

Ebbene sì, con questa recensione sono costretto a fare una confessione. Sono un “gamer”, ovvero un videogiocatore. Sono cresciuto con i videogames e, dato che l’età dell’oro è iniziata nel 1978, mio anno di nascita, con la commercializzazione del gioco Space Invaders da parte della Taito, lo sono letteralmente e inesorabilmente. Da allora, come è ben visibile in alcuni titoli delle statunitensi Marvel e DC Comics, sono andati via via assottigliandosi i confini tra videogiochi, letteratura e cinema. E in Europa non è certo andata diversamente. Così, attraverso il videogioco, ho conosciuto il personaggio di Geralt di Rivia.

Geralt di Rivia è il nome del protagonista principale delle sei storie contenute nella seconda raccolta dello scrittore polacco Andrzej Sapkowski, La spada del destino e i successivi cinque romanzi. È necessario precisare, però, che il videogioco non è una trasposizione della saga, ma è successivo alla fine di essa. Ciò che colpisce subito di Sapkowski sono la sua attenzione per il linguaggio, la cura e lo stile dei suoi scritti: è tradotto in diciannove lingue, direttamente dal polacco e senza alcun passaggio intermedio. Il genere è puramente fantasy, un genere recentemente relegato in fondo agli scaffali delle librerie e, data la qualità infima di molti titoli, non a torto. Con alcune eccezioni: George R.R. Martin con le sue Cronache del ghiaccio e del fuoco, per esempio. Anche nel caso de La spada del destino, il genere si è magistralmente riappropriato della propria potenza affabulatrice primordiale, capace di stregare persone di tutte le età, toccando gli argomenti più diversi. Geralt di Rivia è uno strigo, un mutante, un mezzo umano e mezzo mostro nato dalla relazione tra un guerriero e una maga e addestrato per essere un assassino. Sterile e incapace di esprimere emozioni, a causa delle notevoli alterazioni genetiche subite, questo mostro creato per combattere altri mostri è indubbiamente un personaggio dai tratti caratteriali maturi e reali: quello che in lui può più della magia e degli incantesimi, è il suo essere stoico, cinico e razionale, capace di ridimensionare avvenimenti ed avventure soprannaturali in un contesto umano più simile alla realtà che alla fantasia.

Geralt ha un carattere complesso e sfaccettato, e si crea un suo codice d’onore con cui si ripromette di non uccidere umani, esseri intelligenti o esseri in via d’estinzione. Ma non vige alcun aspetto alto-cavalleresco mescolato al lieto fine. Geralt è un discriminato, come lo sono tutti gli altri non umani in un mondo fantastico dove, tuttavia, proprio come nel mondo reale, non mancano conflitti sociali e personali. Ecco perché questa saga può essere interpretata come una sfumata metafora del reale, una lettura interiore dei luoghi mitizzati che, a volte, si creano per non dovere affrontare l’assurdità dei dogmi o per sfuggire al caos quotidiano. Un mondo parallelo dove possiamo cercare di nasconderci, ma nel quale Geralt di Rivia ci ricaccerà dopo aver sconfitto i nostri mostri ed averci chiarito alcuni dei nostri più grandi dubbi.

L’amore, la guerra, la discriminazione, l’odio per l’altro e il diverso, la ghettizzazione, sono tutti aspetti combattuti da un mezzo uomo che rincorre, come tanti di noi, un luogo migliore. Geralt diventa allora la nostra altra metà, la nostra coscienza che si esprime attraverso i sentimenti, l’amicizia, la poesia e tutto il bello che la società tenta di negargli. Perché, anche da diverso, vivere e combattere la vita, un’avventura alla volta, è possibile.
I sei racconti che compongono La spada del destino non mancano di umorismo, azione e di una sottile morale. Ambientati in un Medioevo europeo fantastico, ma che affonda le sue radici in un realistico e suggestivo folclore, hanno in sé tutte le ragioni del successo dell’intera Saga di Geralt di Rivia.

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