Anche se da noi è arrivato solo l’anno scorso, Capriole sotto il temporale è il romanzo di esordio di Katherine Rundell. Nel frattempo l’esordiente è diventata un’autrice piuttosto affermata: ha alle spalle ormai quattro romanzi che sono stati tradotti in molte lingue e hanno vinto diversi premi; con il suo ultimo romanzo, The Explorer, l’anno scorso ha vinto il Costa Award, uno dei più prestigiosi premi letterari inglesi, e in estate è prevista l’uscita di The Good Thieves.

La prima edizione di Capriole sotto il temporale è stata pubblicata in Inghilterra nel 2011 con il titolo di The Girl Savage per la Faber & Faber. In seguito, nel 2014, quando Katherine Rundell aveva già pubblicato anche Rooftoppers (in italiano Sophie sui tetti di Parigi, sempre Rizzoli), è arrivata una seconda edizione, leggermente riveduta, di The Girl Savage per il mercato statunitense con il titolo Cartwheeling in Thunderstorms, da cui il titolo italiano di Capriole sotto il temporale. Con l’edizione americana, Cartwheeling in Thunderstorms, Katherine Rundell ha vinto il Boston Globe-Horn Book Award, uno dei più importanti premi letterari per ragazzi negli Stati Uniti.

Il libro è diviso in due parti, così come la vita della giovane protagonista, Wilhelmina Silver. Will (così la chiamano tutti) è una ragazzina di origini inglesi, orfana di madre, in Zimbawe conduce una vita selvaggia con suo padre nella fattoria del capitano Browne, e trascorre la maggior parte del tempo con Simon, il suo migliore amico. Will ama correre, fischiare, mangiare la frutta dagli alberi, andare a cavallo e sporcarsi di fango. Non si è mai tagliata i capelli da quando è nata e, in generale, non è una che bada molto al suo aspetto. A suo padre Will piace così com’è, e anche a Simon e al capitano Browne, perciò, bene così.

Questa prima parte è quella in cui le cose vanno bene, perciò rispetto all’azione prevale la sensazione: suoni, odori, colori, sapori. Tutto è caldo, solare, vivido, bucolico e felice. E, per forza di cose, la lettura è più lenta, e può risultare faticosa, ma consiglio di proseguire, perché, verso la metà del romanzo c’è uno stacco netto, così come nella storia, anche nella scrittura.

Alla morte improvvisa del padre, Will resta con il capitano. Nella vita del capitano, e di conseguenza anche nella vita di Will, però, entra Cinthya. La donna non sopporta la presenza di WIll, e, per liberarsene, fa leva sulla sua educazione, fino a convincere il capitano Browne a mandarla, per il suo bene, in un collegio inglese.

L’impatto con l’Inghilterra, la vita in collegio, le perfide compagne di classe, i vestiti puliti, il bagno, la scuola e il cielo grigio di Londra, per Will sono troppo, e la sua reazione è la fuga: scappa, e va a rifugiarsi allo zoo, l’unico posto in tutta la città in cui, tra le gabbie degli animali, ritrova un po’ di Africa e di vita selvaggia.

Tutta la seconda parte del romanzo non sarebbe la stessa cosa senza l’abbondanza di ricordi della prima parte, che sono ricordi di Will e allo stesso tempo ricordi del lettore: tutto ciò che avviene in Inghilterra è pienamente comprensibile solo in contrasto con ciò che è rimasto in Zimbawe. Nei contrasti sono comprese anche le persone con cui Will stringe legami nella sua nuova vita in Inghilterra, e in particolare Daniel, un ragazzino che vive con sua nonna, e di cui non è difficile scorgere i contrasti con Simon, l’amico africano.

Sono proprio i contrasti, le opposizioni e le dicotomie a tenere insieme la storia, a creare legami e dare un senso agli eventi, fino a un epilogo che è coerente fino alla fine, che riesce a sorprendere soprattutto perché Katherine Rundell si gioca bene l’unico vero contrasto che conta in letteratura: quello con le aspettative del lettore.

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