La donna dai capelli rossi, Orhan Pamuk
Einaudi, 2017, traduzione dal turco di Barbara La Rosa Salim, ISBN: 978-8806232115
Vincitore della XIV edizione del Premio Letterario Internazionale “Giuseppe Tomasi di Lampedusa”

Accingersi a scrivere la recensione di un libro di Orhan Pamuk, premio Nobel per la letteratura nel 2006, sapendo che non ci si potrà esimere dal giudicarlo negativamente, non è cosa facile.

Ma nel caso de La donna dai capelli rossi, anche volendo, sarebbe difficile fare altrimenti. La vicenda vede protagonista il giovane Cem, figlio di un dissidente comunista, che, abbandonato dal padre, diventerà apprendista di un costruttore di pozzi, Mahmut Usta, trovando in lui una figura paterna. Tra il maestro e l’allievo si instaurerà un legame pregno di ambivalenze, complicato e profondo. Durante la costruzione di un pozzo a Öngören, cittadina nei dintorni di Istanbul, Cem incontrerà la Donna dai Capelli Rossi. Quell’incontro cambierà la sua vita per sempre.

La narrazione è inizialmente avvincente, magistralmente scritta e coinvolgente.
Inizialmente.

Una volta entrati nel vivo del libro la piacevolezza della scrittura si trasforma in faticosa lentezza, trascinamento descrittivo e narrativo, noia riflessiva. Dopo che Cem avrà abbandonato a sua volta il padre putativo restando ancorato alla traccia tragica che contraddistingue tutta la trama – che si dilunga ricorsivamente sui fondamenti della tragedia occidentale e orientale, scavando nei recessi archetipici legati all’Edipo re di Sofocle e al Rostam e Sohrab di Ferdowsi – anche la narrazione inizia a perdersi circolarmente ritornando costantemente sullo stesso argomento.

Il rapporto padre-figlio è sviscerato, ma con distacco. L’ossessione di Cem per la Donna dai Capelli Rossi diviene pretesto per una storia incentrata quasi unicamente sull’analisi edipica del rapporto incestuoso con la “madre” (la madre come concetto universale, non la madre di Cem); l’omicidio, o meglio, l’ombra di un presunto omicidio, non è altro che uno spunto volto all’indagine psicologica del senso di colpa.

Viene da chiedersi perché non abbia voluto scrivere un saggio, ma un romanzo. Il tentativo di rendere avvincente la trattazione storico-psicologica della tragedia classica non riesce, anzi. Il romanzo invece di alzarsi aulicamente verso la trattazione risulta sporcato e appesantito oltre ogni limite. I due generi non si compenetrano migliorandosi ma, al contrario, si limitano vicendevolmente irrigidendo la scrittura.

Pamuk, negli anni, ci aveva abituato a ben altri capolavori: a libri in grado di raccontare l’universale con il particolare; a narrazioni capaci di fornire mappe cognitive; a storie che convertissero modelli classici di pensiero in cronache moderne. Ma, soprattutto, ci ha raccontato l’anima di Istanbul e della Turchia.
Stavolta la città appare a malapena, in un ruolo di sfondo bistrattato e malamente connotato.
La donna dai capelli rossi è un libro che non “parte” mai. Promette di farlo, ma non mantiene la parola data.

Insomma, se volete leggere qualcosa di Orhan Pamuk non iniziate da qui.

Potete acquistare La donna dai capelli rossi qui, anche in formato Kindle.